Il Rifugio

 

L’idea di costruire un rifugio tutto del Gesp sul monte Zucco venne un po’ imposta dalle circostanze. Infatti la baita era troppo piccola per un gruppo sempre più numeroso, inoltre erano sorti problemi con i proprietari dei terreni dove si effettuava la festa ed era capitata l’occasione di acquistare un appezzamento in vendita.

Dopo aver trattato con vari proprietari, ci fu un accordo con Lorenzo Sonzogni di Zogno che mise in vendita il proprio terreno di 16.400 mq, dove venne poi costruito il rifugio, per un prezzo di £ 10.000.000.

Il terreno e poi anche il rifugio vennero intestati al Comune di San Pellegrino Terme, il quale offrì un contributo di £ 3.500.000. A questo si aggiunsero poi £ 5.000.000 elargiti dalla Comunità Montana della Valle Brembana.

Il resto della cifra per l’acquisto dell’area e l’intera spesa sostenuta per la costruzione del rifugio furono a carico del Gesp che, con numerosi sacrifici, riuscì a portar a termine l’opera senza indebitarsi troppo.

Non ci furono infatti altri contributi pubblici, ma solo l’impegno e inventiva di soci e simpatizzanti nell’organizzare spettacoli, lotterie, concorsi di torte e diversi lavori quali manutenzione e pulizia di sentieri e mulattiere, pulizia del fiume Brembo, campi di lavoro. Queste operazioni permettevano di ricevere dal Comune e dalla Comunità Montana una remunerazione per il lavoro svolto.

Altra fonte di finanziamento furono i prestiti di denaro fatti dai soci e restituiti solo dopo anni senza interessi, mentre alcuni, per volontà dei soci, vennero rimborsati solo in parte o addirittura lasciati definitivamente al Gesp. Anche alcune ditte fornitrici collaborarono facilitando i pagamenti o regalando materiale, come ad esempio il cemento che venne offerto dalle ditte Italcementi e Merone.

Per il rifugio vennero presentati tre diversi progetti: uno dall’arch. Maurizio Torriani, uno dal geom. Valter Milesi e uno dal geom. Mario Milesi con la collaborazione del geom. Arturo Locatelli. I primi due vennero scartati perché troppo grandi e costosi, mentre il terzo si accostava meglio alle esigenze del gruppo.

I lavori iniziarono domenica 18 novembre 1979 con il tracciamento del perimetro del rifugio sul terreno. Proseguirono poi con l’inizio degli scavi che furono eseguiti tutti a mano e per i quali fu necessario l’intervento degli artificieri con l’esplosivo; infatti contrariamente alle aspettative venne trovata molta roccia.

Da questo scavo vennero estratti sempre a mano qualcosa come 280 metri cubi di materiale, che venne frantoiato per ottenere la ghiaia per il calcestruzzo, e 120 metri cubi di terra da utilizzare poi per formare il piazzaletto antistante.

I lavori, dopo una sospensione da metà dicembre ’79 a metà febbraio ’80 per le abbondanti nevicate, ripresero senza interruzione, anche nelle giornate di brutto tempo, fino al completamento del rifugio.

La costruzione della struttura portante venne effettuata da un’impresa di S. Antonio Abbandonato, sempre ben assistita dai soci durante il lavoro e nel trasporto dei materiali.

Il completamento della costruzione, dai tavolati divisori ai pavimenti, dalla posa delle colonne di scarico alle canne fumarie, dai serramenti agli impianti idraulici ed elettrici, venne eseguito da parte dei volontari, tra i quali sono sempre stati presenti degli abili artigiani.

Sono stati periodi d’intenso lavoro e i soci ne sanno qualcosa, sempre carichi come somari. Sono state fatte spedizioni sopra e sotto la neve, d’inverno con freddo pungente, sotto la pioggia, di notte, sotto il sole cocente d’estate in pieno pomeriggio, di sabato e di domenica, in giorni feriali di buon mattino prima del proprio turno di lavoro, oppure di sera dopo il lavoro.

I lavori di scavo terminarono nell’aprile del 1980, mentre per la costruzione del rifugio i lavori durarono esattamente un anno e un mese: dal 1 maggio 1980, quando ci fu la posa della prima pietra da parte del parroco don Lino Martinelli, al 31 maggio 1981 giorno dell’inaugurazione con la presenza di don Lino e di don Franco Gherardi.

Secondo una consolidata tradizione a luglio del 1980 i lavoratori si trovarono a mangiare gli gnocchi per festeggiare l’ultimazione del tetto.

Dopo l’inaugurazione seguirono i lavori di ultimazione del piano sottotetto e dell’arredamento.

Il rifugio, che è posto ad un’altezza di 1150 m, venne intitolato rifugio “Monte Zucco”.

La realizzazione del rifugio venne portata a termine con una velocità incredibile, considerando il luogo e le difficoltà dei lavori, ma anche tenendo conto che il gruppo, oltre che sullo Zucco, era impegnato anche nelle altre attività già citate volte a reperire i fondi necessari a coprire le spese.

Tanto per avere un’idea dell’entità dei lavori svolti basta ricordare che sono stati effettuati 600 viaggi in macchina da San Pellegrino a Sant’Antonio, sono state dedicate 952 ore complessive per effettuare lo scavo e ben 4500 ore per completare gli altri lavori, senza considerare i tempi di trasferimento in macchina.

Il cemento, i conci per le solette e parte delle tegole sono stati trasportati con i muli, mentre tutto il resto, circa 430 quintali di materiale vario, venne trasportato a spalla dai volontari.

L’elicottero era irraggiungibile a quei tempi sia per i costi che per motivi logistici: il materiale, non disponendo di un posto al coperto per depositarlo, veniva portato di volta in volta.

A Sant’Antonio c’era una baracca che serviva come deposito e tutti quelli che passavano venivano caricati di qualcosa, sul sentiero non c’era nessuno che non avesse niente e il giorno della festa del 1980 si sfruttò la disponibilità di molta gente di passaggio.

Venne trasferito sul Monte Zucco tutto quanto potesse servire per la costruzione: macchinari vari, due compressori (il primo non funzionava e venne sostituito con un secondo), frantoio, betoniera, argano, circolare, una baracca da adibirsi a magazzino, ponteggi, attrezzature varie occorrenti ad un’impresa edile e 70 bidoni di ferro per la scorta d’acqua che venivano riempiti di neve d’inverno. Sono stati inoltre portati, sempre a spalle, tutto il legname e il ferro necessari, i travetti prefabbricati per le solette, le canne fumarie, il materiale isolante, i mattoni per i tavolati interni e varie cose minori.

Da non sottovalutare poi il trasporto del beveraggio, acqua e vino, cosa che potrebbe far sorridere, ma indispensabile per dissetare squadre di 15-25 uomini impegnati a lavorare anche in giornate d’estate in una zona dove non c’è acqua.

Sono stati inoltre ricavati nei boschi limitrofi al rifugio qualcosa come 100 metri cubi di sassi pari a 1600 q.li circa necessari per le fondazioni e per i muri perimetrali a vista.

Sembra incredibile il lavoro eseguito da queste persone, svolto in modo del tutto disinteressato per l’associazione, portato avanti con molta professionalità e in un’atmosfera di allegria e divertimento, di concordia nonostante le inevitabili difficoltà, di orgoglio nel veder realizzato il sogno di avere un rifugio tutto del Gesp.

La costruzione del rifugio fu molto sentita da tutto il paese visto l’aumento considerevole dei soci disponibili a fare sacrifici e a mettere a disposizione il proprio tempo libero, in alcuni casi tutto il tempo libero di un paio di anni.

Nel corso degli anni si sono poi susseguiti numerosi lavori di ammodernamento e di manutenzione, tra i quali si ricordano la nuova fognatura esterna con la posa di una fossa biologica, l’adeguamento del reparto notte con un’uscita di sicurezza e una nuova scala esterna.

Da sottolineare inoltre il persistente impegno di pulizia dei prati circostanti e l’approvvigionamento della legna necessaria per il riscaldamento dei locali nei periodi invernali.

Ora i rifornimenti di bevande e materiale vario, vengono effettuati una volta l’anno con l’elicottero. Si tratta di un mezzo di trasporto un po’ costoso, ma indubbiamente pratico e veloce, considerato anche che oggi è più difficile portare ancora tutto a spalle, a causa dell’invecchiamento dei soci più attivi e della difficoltà di trovare giovani disposti a fare fatiche di questo genere.

Nei periodi da aprile a settembre i soci del Gesp si organizzano a turno per mantenere l’apertura domenicale del rifugio garantendo agli escursionisti un valido punto di ristoro.

Il rifugio ha ospitato nel corso di questi anni numerosi gruppi di amici che andavano in montagna a passare i fine settimana, molte famiglie o gruppi di famiglie anche per intere settimane, ragazzi dell’oratorio, colonie estive, scuole, boy scout.

Speriamo che questo rifugio rimanga ancora per molto nel cuore dei soci e di tutta la comunità di San Pellegrino Terme, soprattutto dei giovani, ricordando sempre chi con sudore e fatica lo ha realizzato.

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